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Condifesa Venezia
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La tradizione veneta del maiale

Generazioni di Italiani si sono occupati dell’allevamento casalingo e della cura del maiale, l’animale di corte per eccellenza, che per anni ha costituito un’importantissima risorsa alimentare per le famiglie che abitavano le nostre campagne.

L’allevamento del maiale

L’allevamento del maiale (porzél, porselo, más-cio) rappresenta una delle tradizioni contadine più antiche e sentite in tutto il Veneto, perché coinvolgeva l’intera famiglia.

Il compito di nutrirlo era solitamente affidato ai bambini e alle donne di casa, mentre il capo famiglia si assicurava che il maiale crescesse sano e forte, fino al momento del macello. Il maiale infatti rappresentava una preziosa fonte di grassi e proteine per le famiglie rurali, la cui dieta era principalmente vegetariana e basata sulla polenta.

Il rito antico della macellazione

Dopo mesi di cure arrivava il momento della macellazione del maiale, che tradizionalmente si svolgeva nel periodo tra dicembre e febbraio, per le esigenze di conservazione della carne in assenza di frigoriferi.

La macellazione del maiale era un vero e proprio giorno di festa, che iniziava la mattina presto e si protraeva fino a tarda sera: i bambini restavano a casa da scuola e venivano chiamati a raccolta vicini e parenti.

Le donne di casa erano impiegate nella preparazione degli attrezzi e degli ingredienti per la lavorazione delle carni, mentre gli uomini, seguendo le indicazioni del norcino (mazin), eseguivano tutti i passaggi per ammazzare  il maiale, pulirne la cotenna dallo sporco e dalle setole con l’acqua bollente, rimuovere le interiora e dividerlo in parti, destinate poi ai diversi utilizzi. Si passava infine a macinare la carne e il lardo da impastare con sale e spezie e da insaccare nei budelli per ottenere salami, sopresse e salsicce.

Al calar della sera, il padrone di casa era solito ringraziare tutti coloro che avevano partecipato alla giornata, organizzando un momento conviviale, durante il quale venivano assaggiate alcune parti del maiale, come le animelle, il fegato e gli ossi semi-spolpati, accompagnati da un buon bicchiere di vino.

Ancora oggi in diverse parti del Veneto la macellazione del maiale è un momento di festa per le famiglie che scelgono di rispettare le antiche tradizioni di un tempo.

Del maiale non si butta via niente

Tradizionalmente del maiale non viene sprecato nulla: Il lardo sarebbe servito alla famiglia per cucinare fino all’anno successivo,  le budella si usavano per insaccare, cotenna, testa e orecchie finivano nei cotechini, le zampe diventavano zamponi, con le setole si  fabbricavano pennelli, mentre col sangue veniva fatto il sanguinaccio.

I piatti della tradizione a base di maiale sono innumerevoli: citiamo tra i tanti, gli ossi di maiale lessati, ancora oggi molto apprezzati, che vengono spesso serviti in ristoranti e trattorie che offrono specialità della cucina veneta.

Altra pietanza tipica sono i Ciccioli della Val Leogra anche detti “sossoli”, piccoli pezzi di carne croccante, residui dell’astrazione dello strutto, dal sapore molto caratteristico. La loro particolarità deriva dall’alimentazione dei maiali dai quali provengono, che è a base di patate e castagne che conferiscono alla carne un sapore inconfondibile. Proprio per questo i “Ciccioli della Val Leogra” sono stati riconosciuti come P.A.T. (Prodotto agroalimentare tradizionale).

Qualche curiosità

In pochi forse sanno che la Basilica di San Marco di Venezia è una testimonianza dell’importanza dell’allevamento del maiale in Veneto. Infatti il portale della Basilica, risalente alla metà del XIII secolo, è decorato da un bassorilievo dedicato ai 12 mesi dell’anno nel quale il mese di dicembre è rappresentato da un uomo anziano intento alla macellazione del maiale.

Un’altra curiosità viene dalla provincia di Treviso, dove il giorno della macellazione del maiale è tradizionalmente il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate anche detto “S. Antonio del porzel”, il quale viene comunemente rappresentato con un maiale ai suoi piedi, raffigurazione del diavolo sconfitto dall’eremita o, in un’altra interpretazione, in riferimento all’allevamento dei suini creato dai monaci per dare sostentamento all’ordine da essi fondato.